Storia per i Ragazzi Quaresima 2009
Mercoledì delle Ceneri
Il vino di Noè
Quando il diluvio terminò, l’acqua che aveva coperto tutta la terra iniziò a diminuire. Poco alla volta le gigantesche nubi si allargarono e Noè vide finalmente il cielo e fece un sospiro di sollievo: tra poco tutti gli animali e tutti gli uomini nell’arca avrebbero potuto tornare sulla terra ferma. Noè mandò come esploratore prima un corvo, poi una colomba che tornò con un rametto di ulivo nel becco.
La terra stava per riemergere: bisognava prepararsi al grande momento! In cielo Dio fece apparire un bellissimo arcobaleno: non se ne era mai visto uno così splendente! Noè e i suoi figli lo guardavano a bocca aperta quando sentirono una voce dal cielo che diceva: “Ecco l’arco della pace, l’arco che non tira frecce per uccidere, ma che riempie i cuori di meraviglia. Ecco l’arco che unisce il cielo e la terra, che traccia una strada tra me e ogni uomo e donna: perchè io voglio stringere un’alleanza un patto di amicizia per sempre con ciascuno di voi!”.
Dopo l’apparizzione dell’arcobaleno, subito l’arca si fermò sopra un monte: le montagne stavano emergendo per prime, essendo le più alte. Nell’arca c’era un’aria di festa, di gioia: il diluvio era finito e presto sarebbero usciti da questa grande imbarcazione.
Dio, come aveva sigillato la porta prima delle piogge, dopo che tutti erano saliti a bordo, così la aprì quando il terreno era sicuro. Gli animali che uscivano iniziavano, a correre e saltare restando nel mare, facevano alti tuffi partecipando di questa grande gioia.
Noè scese anch’esso dall’arca e, proprio dove l’arcobaleno aveva sfiorato la terra,proprio lì costruì con quattro pietre un altare per ringraziare Dio. Cantò con la sua famiglia un inno di lode al Signore che risuonò su tutta la terra.
Prima Settimana di Quaresima
Per fare il vino ci vuole...la preparazione del cuore
Dopo aver cantato la propria gioia e la propria riconoscenza, Noè prese dalla tasca della sua veste un rametto di vite che aveva custodito con tutto il tempo del diluvio e decise di piantarlo accanto all’altare, nella terra baciata dall’arcobaleno.
Nel frattempo molti animali si erano allontanati: erano quelli selvatici, che avevano bisogno di vivere liberi nei grandi spazi del creato. Altri animali rimasero vicini all’arca e a Noè: avevano imparato a stare insieme all’uomo e si erano trovati bene. Questi diventarono gli animali domestici.
Quando Noè decise di piantare la vigna si fece avanti la talpa: “Sono un’ottima scavatrice! Tu hai salvato me e la mia famiglia dal diluvio e io ti aiuterò”. Così Noè ebbe in regalo una buca profonda che accolse le radici della piccola vite.
La vite richiedeva molto impegno a Noè per crescere. Per prima cosa dovette togliere dei sassi che potevano impedire alle radici di affondare nel terreno. Poi le mise un bastone per tenerla alta rispetto alla terra, altrimenti poteva soffocare in mezzo all’erba alta. Infine, tutti i giorni, le dava un po’ d’acqua, perchè senza sarebbe certamente seccata.
Seconda Settimana di Quaresima
Per fare il vino ci vuole...il profumo della preghiera
Il tempo passava e la vite cresceva grazie alle cure pazienti di Noè. Erano necessari nuovi bastoni per sostenere i tralci, cioè i rami della vite: presto sarebbe fiorita! Noè passava buona parte della giornata a guardare la sua vigna e a sognare i tralci carichi di frutti maturi.
Mentre le foglie della vite, i pampini, diventavano sempre più grandi e verdi, i fori iniziarono ad aprirsi e un profumo intenso e avvolgente si diffondeva tutto intorno.
Il profumo circondava anche l’altare lì vicino e si alzava verso il cielo come una bella preghiera. Noè era felice: dopo il diluvio che aveva distrutto ogni cosa, quella era la prima fioritura.
Noè stava coltivando la terra per renderla nuovamente un giardino. Un giardino magnifico e profumato come quello della creazione
Le api si presentarono quindi a Noè e gli dissero: ” Tu ci hai salvate dal diluvio: senza il tetto dell’arca le nostre ali si sarebbero bagnate e noi non avremmo più potuto volare. Ti siamo riconoscenti e vogliamo aiutarti. Passeremo di fiore in fiore portando il polline per fecondarli. Così da ogni fiore nascerà un frutto e tu avrai un’abbondante vendemmia”. Noè accettò questo aiuto con un sorriso.
Le api fecero un ottimo lavoro e dopo qualche settimana i fiori persero i petali e iniziarono a ingrossarsi: si stavano trasformando in acini d’uva. Il loro colore, però, era di un verde intenso: c’era bisogno di ancora tanta pazienza!
Terza Settimana di Quaresima
Per fare il vino ci vuole...la pazienza saggia
Noè ogni giorno scrutava il cielo, proprio come quando era sull’arca, sperando di trovarvi il sole. La sua vigna era ormai carica di frutti, ma di frutti acerbi: per diventare dolci e deliziosi avevano ancora bisogno di tanta luce e di tanto calore!
I grappoli di uva crescendo erano sempre più pesanti, per non cadere per terra, dove potevano marcire o esser magiati dai vermi, avevano bisogno di tanti bastoni robusti che li sostenessero. Noè visitava la sua vigna, soppesava i grappoli, li conosceva uno a uno, come se fossero suoi figli e non vedeva l’ora che maturassero.
Cam, figlio di Noè, era impaziente: prese un chicco d’uva che gli sembrava quasi maturo e lo provò. Questo frutto, che non era ancora pronto, gli legò i denti e gli impedì di parlare per tutto il giorno! Il tempo della raccolta era ancora lontano: Cam se ne era accorto a proprie spese. Non aveva avuto abbastanza pazienza.
La lucertola si recò un giorno da Noè e gli disse: “Tu mi hai salvato dal diluvio, perchè io non so nuotare e senza sole non riesco nemmeno a muovermi!
Lascia che io faccia da custode alla tua vigna quando il sole è troppo forte per te.” Noè accettò e si recò all’ombra della sua tenda. Il sole, lentamente, in modo invisibile, colorò i grappoli che da verdi diventarono prima rosa, poi rosso e poi viola scuro. Allora Noè vide e capì che il tempo della maturazione era giunto a pienezza. La terra buona aveva dato il suo frutto.
Quarta Settimana di Quaresima
Per fare il vino ci vuole...la condivisione generosa
Noè, che prima del diluvio camminava con Dio e che da Dio aveva imparato a contare il tempo(i giorni,le settimane e i mesi),capì che era giunto il momento della vendemia. Dopo tanto lavoro e tanta cura i grappoli erano pronti per essere raccolti e diventare vino.
Il mulo, allora, si presentò da Noè dicendogli: “Noè, tu hai impiegato 120 anni a costruire l’arca che ha salvato me e tanti altri animali. Ora sei vecchio e non devi fare la fatica di trasportare con le tue forze le ceste piene di uva matura. Guarda: io sono forte, la mia schiena può portare tre uomini adulti e non ho paura della fatica. Lascia che ti aiuti “. Noè fu grato del sostegno del mulo e lo caricò di due ceste: una a destra e una a sinistra.
Il giorno dopo la vendemmia Noè si svegliò presto, prima dell’alba, e si recò alla vigna dove iniziò a raccogliere i grappoli: uno a uno. Quando il sole si stava alzando nel cielo arrivo Sem, il suo primogenito, che iniziò ad aiutarlo. Poi, a metà mattina, arrivò Iafet, l’altro figlio, e anche lui si mise a raccogliere l’uva. Infine, quando il sole era alto e il lavoro era già a metà, arrivò Cam. E anche lui aiutò secondo le sue capacità.
Alla fine della giornata Noè fece una grande festa per la vendemmia e ringraziò con un buonissimo grappolo d’uva ciascun figlio. Mentre si vendemmiava alcuni grappoli e acini cadevano per terra, ma Noè proibì di raccoglierli perchè, disse, quelli erano per gli uomini e per gli animali affamati che sarebbero passati di lì.
Quinta Settimana di Quaresima
Per fare il vino ci vuole...l'impegno volenteroso
Tutta l’uva raccolta venne messa in una grande vasca di legno detta mastello. Era necessario spremerla per farci il vino, cioè bisognava far uscire da tutti gli acini il succo che contenevano. Per spremere l’uva ai tempi di Noè la si doveva pigiare coi piedi: a turno una persona entrava nel mastello e iniziava a pestare i piedi con forza e a saltare su e giù.
Il gatto si avvicinò a Noè e gli miagolò: “Lo so che non sono molto grande e non ho peso a sufficienza, ma tu mi hai salvato insieme ai miei piccoli dal diluvio e tu sai quanto noi gatti odiamo l’acqua! Io so saltare bene e ho delle unghie lunghe: lasciami pigiare insieme a voi l’uva: schiaccerò gli acini con la buccia più dura”. Noè fu sorpreso da questa proposta, ma siccome il lavoro era tanto accettò anche quell’insolito aiuto.
Alla fine della spremitura sul fondo del mastello rimase solo il succo d’uva che si chiama mosto. Il mosto era profumato e molto dolce: tutti quelli che avevano saltato sull’uva per ottenerlo ne bevvero un bicchiere per rinfrancarsi.
Noè raccolse dodici ciotole di mosto da tutta la pigiatura. Era davvero un risultato eccezionale: mai si sarebbe aspettato da quel piccolo germoglio di vite che aveva piantato appena dopo il diluvio un risultato del genere! Il suo pensiero e la sua preghiera salirono al Signore per ringraziarlo di tanta abbondanza.
Settimana Santa
Per fare il vino ci vuole...la speranza fedele
Noè mise il mosto prodotto in una botte di legno: iniziava un altro tempo di attesa, il tempo della fermentazione. Nel segreto della botte il mosto sarebbe diventato vino, non sarebbe più stato dolce e zuccherato, ma alcolico. Il suo sapore e il suo profumo sarebbero cambiati con il passare dei giorni.
Noè sigillò bene la botte, cosi come aveva sigillato l’arca prima del diluvio, e si mise appoggiato ad aspettare. Gli si avvicinò il cane: “Noè, lascia che io stia con te tutto il tempo necessario affinchè l’uva diventi vino. Tu mi hai salvato dal diluvio e io ho imparato a conoscerti: ti starò fedele io e la mia discendenza per sempre”. Noè ascoltò le parole del cane: erano molto più che un’offerta d’aiuto, erano un’offerta d’amicizia. Queste parole commossero Noè che si mise a piangere e abbracciò il cane che, dal canto suo, scodinzolò allegramente.
Così Noè e il cane strettero appoggiati alla botte aspettando che il tempo compisse il miracolo di trasfmare il mosto in vino. Ogni tanto Noè girava la botta, senza aprirla, e il rumore del succo all’interno gli ricordava le onde del mare sotto il diluvio. Il buio all’interno della botte custodiva il segreto della bontà che, al momento giusto, sarebbe stata assaggiata dagli uomini. Presto ci sarebbe stato il vino nuovo, il vino dopo la distruzione del diluvio, la festa per la ritrovata terra sarebbe stata grande e definitiva.
Pasqua di Resurrezione
Per fare il vino ci vuole...la gioia della festa
Una mattina presto Noè si svegliò e corse, senza vestirsi, alla botte. Il mosto non c’era più, c’era solo vino! Noè con le mani tremanti aprì il rubinetto della botte e raccolse in un calice prezioso il vino nuovo e ne bevve. Il vino, rosso come il sangue, era buono e inebriante.
Tutto il lavoro, tutta la pazienza, tutti gli aiuti, tutta la sapienza erano serviti a fare un vino davvero buono! Noè pieno di riconoscenza alzò il calice verso il cielo e disse il suo grazie a Dio per tutti i suoi doni e per questo in particolare. Il vino era il frutto della vite e del lavoro dell’uomo: Noè poteva offrirlo al suo Signore.
Noè bevve ancora un altro sorso di vino che scaldò il suo cuore riempiendolo di gioia. Con questa leggerezza d’animo si addormentò, sorridente, cullato tra le braccia di Dio, così come è per il sonno dei giusti. E sognò. Noè sognò di Israele, del popolo della salvezza, e di un uomo, di un giusto tra i giusti, che avrebbe alzato il calice del vino per compiere un’alleanza eterna tra Dio e gli uomini. Noè sognò Gesù che con il suo sacrificio in croce e la sua resurrezione avrebbe reso eterno l’arco di pace che unisce il cielo e la terra.
E mentre Noè dormiva e sognava la promessa del Messia, la colomba volò sopra di lui e, a differenza degli altri animali, non disse nulla. Lasciò però cadere nel suo grembo un rametto di ulivo insieme a una foglia di vite. Il vino è la bevanda della festa, quando gli uomini rinunciano alla guerra e scelgono la pace e la giustizia. Il vino è la bevanda che si condivide con i fratelli e gli amici: con chi altri si può far festa? E chi si può escludere da tanta gioia?
Osserva…
Osserva gli occhi di tutti gli animali che aiutano Noè. Come sono? Aperti, anche quelli della talpa, perchè hanno visto il bene che Noè ha fatto per loro. Solo chi vede il bene può essere riconoscente e dire grazie e compiere gesti di gratitudine. Noè, invece, ha gli occhi chiusi: l’uomo può chiudere gli occhi e sognare insieme a Dio. Quando gli occhi sono chiusi anche tu puoi ascoltare la promessa di Dio di una pace eterna e di una comunione fraterna che dura per sempre perchè vince la morte! Ecco perchè per dire grazie a Gesù chiudiamo gli occhi, anche se non dormiamo!