Storia per i Ragazzi Quaresima 2007
Prima Settimana di Quaresima
I Simboli dei Santi della Chiesa di Bergamo
Le Origini
Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Il mendicante che attende il dono, che è capace di tendere la mano e chiedere, aspettare compassione. Lo spirito del cuore, l’umiltà, l’appartenenza alla terra nuda e madre.
Le beatitudini ci insegnano la logica del vangelo che sconcerta i ben pensanti perché ribalta il mondo e come siamo abituati a vederlo. I beati sono i santi, non solo quelli che si trovano sul calendario giorno per giorno, ma anche tutti coloro che hanno vissuto e agito con fedeltà al vangelo e a se stessi.
Il mistero della beatitudine (perché di mistero si tratta, cioè ciò che è velato e svelato solo a chi si mette in cammino) non nasce dalla condizione disagiata, non è un contentino per poveracci, bensì l’invito a guardare con gli occhi di Dio, secondo la sua giustizia ciò che accade. Il percorso intorno alle beatitudini intende consegnarci una pagina del vangelo per la vostra vita e il vostro bene.
Prima beatitudine. Il povero di spirito è colui che sa fare spazio dentro di sè, che non è ingombro di cose e pensieri inutili. Avere spazio dentro di sè e nella propria esistenza è il primo requisito per offrire accoglienza e ricevere un regno.
Il martirio dei primi cristiani, l’esperienza della messa alla prova della fede.
Sant'Alessandro
La Spada e la Palma
Sant’Alessandro è un soldato dell’antica Roma: è un uomo di battaglia e di conquista, ma è anche un cristiano, cioè ha incontrato Gesù sulla sua strada, proprio come san Paolo, e questo gli ha cambiato la vita. Ecco perché la spada è presente nel suo ritratto, ma è una spada dimenticata per terra, forse gettata. La spada non è impugnata, ciò è segno di rinuncia alla guerra e alla violenza, al sopruso e alla logica conquistatrice dell’Impero. Alessandro non vuole più fare del male a nessuno, perciò rinuncia anche a difendersi da chi lo accusa e vuole ucciderlo.
Al posto delle spada sant’Alessandro ha in mano una foglia di palma. Per la loro forma elegante e altera gli alberi di palma sono la raffigurazione dell’uomo che sta ritto di fronte al cielo al quale offre frutti maturi e dolci. I cristiani hanno visto in questo slancio verso il cielo la figura stessa di Gesù risorto, di colui che ha vinto la morte.
La foglia di palma che i martiri, come sant’Alessandro, tengono in mano, sta a significare la testimonianza della propria fede fino alla morte e la partecipazione alla resurrezione in Cristo. Alessandro accetta di morire perché sa che la vita nuova in Gesù è più forte.
Santa Grata
La Testa e i Gigli
Santa Grata porta avvolta in un telo una testa mozzata. È la testa di sant’Alessandro: attraverso la decapitazione è stato ucciso il martire proprio nella città di Bergamo. Grata sente pietà per quest’uomo ucciso ingiustamente e per il suo corpo abbandonato: nessuno sembra volerlo seppellire.
Così prende la testa di sant’Alessandro: sono quelle orecchie cha hanno ascoltato il primo annuncio della Buona Novella, sono quegli occhi che hanno visto il mondo attraverso la fede, è quella bocca che ha proclamato la lode a Dio chiamandolo Padre. Santa Grata si impegna a seppellire il corpo di sant’Alessandro, a compiere un’opera di misericordia che la rende santa per sempre.
Santa Grata cammina in un campo di gigli. I gigli sono il simbolo sia della purezza, per il loro colore bianco, che della fecondità, per come si diffondono nei prati e li colmano del loro profumo. Il martirio al quale ha assistito santa Grata, di cui è testimone e custode, è proprio come un giglio: Alessandro non ha rinnegato la sua fede, è stato coerente e il suo sangue è un seme fecondo che diffonde la fede cristiana in questa terra che ancora non ha ascoltato le parole di Gesù. Le tre chiese di Bergamo dedicate a sant’Alessandro sono nate come gigli dove il corpo del martire è stato adagiato.
Preghiera della settimana
Come in un albero genealogico familiare, anche la Chiesa di Bergamo ha degli avi, dei progenitori nella fede: sant’Alessandro e santa Grata.
Ti ringraziamo, Signore per il dono
della testimonianza
che ci hanno lasciato
Alessandro e Grata.
Loro sono stati qui,
dove adesso noi siamo,
dove giochiamo,
andiamo a scuola
e cresciamo.
Anche se sono passati secoli
e secoli
noi li ricordiamo
e li ringraziamo
del seme della fede
che hanno piantato
pensando anche
a tutti quelli che sarebbero
venuti dopo di loro.
La Chiesa di Bergamo
è nata quando Alessandro
è morto dando testimonianza
della sua fede:
il primo cristiano,
il primo santo
della nostra terra.
Aiutaci a continuare l’opera
dei nostri santi
lasciandoci guidare
dallo Spirito Santo.
AMEN
Seconda Settimana di Quaresima
I Simboli dei Santi della Chiesa di Bergamo
Il Medioevo
Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
Coloro a cui va male, la sfortuna li perseguita, l’afflizione è tristezza con pianto. L’opportunità di un altro futuro, germe di speranza e di novità.
Le beatitudini non devono essere un alibi alle nostre ingiustizie. Troppo spesso si assiste a un uso strumentale dell’annuncio del vangelo, come se fosse la giustificazione all’ordine costituito: “chi è ricco resta ricco, che i poveri non si lamentino e li lascino in pace”. Il vangelo non ammette nessuna ingiustizia, ma chiede a ciascuno di fare del proprio meglio imparando la regola della condivisione.
Seconda beatitudine. Chi è povero, senza niente, spesso è anche triste, di una tristezza che non sembra avere fine. Non c’è nessuna romantica lettura della povertà nelle beatitudini, non esiste il povero felice e gioioso della sua difficoltà di vivere. La consolazione è il pegno offerto da Dio ai suoi figli: ben conosce il patire dell’uomo per questo gli è accanto e promette una vita nuova, senza più lacrime da versare.
L’annuncio di questa beatitudine è già l’annuncio di Pasqua: la morte è morta, sconfitta dalla vita per sempre.
La vita della preghiera e della coerenza al vangelo.
Sant'Alberto da Villa d'Ogna
La Bisaccia e il Pane
l libro aperto che il monaco Alberto tiene aperto è un libro di preghiere. I monaci pregano sette volte al giorno: lodano Dio a nome di tutta la Chiesa scandendo il tempo della giornata con il canto di ringraziamento. Il loro desiderio è quello di servire Dio nella preghiera e di farlo sempre, proprio come dice san Paolo ai cristiani di Tessalonica: “pregate incessantemente”.
Per questo il libro è aperto, perché sempre la lode di Dio possa nascere sulle labbra e nel cuore di questi santi monaci. Anche noi siamo invitati a scoprire e a vivere la preghiera nella nostra vita.
Accanto ai due santi c’è un aratro. Si tratta di uno strumento importante per lavorare i campi, per rendere la terra feconda, capace di dare nuovi frutti. I monaci Alberto e Vito hanno fondato un monastero a Pontida: non hanno costruito solo una chiesa in cui riunirsi a pregare, bensì hanno insegnato e aiutato i contadini a coltivare la terra, a bonificarla dalle erbacce, a renderla buona come la terra del giardino della creazione. Pregare e lavorare sono i due pilastri della vita cristiana che Alberto e Vito testimoniano anche a noi.
Sant'Alberto da Villa d'Ogna
La Bisaccia e il Pane
Sant’Alberto è un laico: è sposato e ha una famiglia, ma, prima di tutto, è un cristiano. Il cristiano per sant’Alberto è colui che impara da Gesù a vivere da fratello tra i fratelli e le sorelle, in particolare i più poveri. La bisaccia che tiene in spalla è il segno del cammino.
Per seguire Gesù è necessario sapere mettersi per via, non essere attaccati alle proprie cose e quello che si porta con sè deve essere leggero, proprio come un cuore che ama. La bisaccia è il simbolo del pellegrino che è in cerca del proprio Signore, la bisaccia è il simbolo di ogni cristiano che ha nostalgia
Imparare da Gesù a vivere da fratelli significa imparare a spezzare il pane con gli affamati. Alberto ha dato una testimonianza preziosa della sua generosità verso i poveri, per questo tiene in mano un pane e lo offre con il sorriso a chi sta mendicando. Nell’ultima Cena Gesù spezza il pane e lo offre ai suoi amici, così Alberto incarna il comandamento del Signore e in sua memoria distribuisce i suoi beni a chi è nel bisogno. Vivere la fede non è solo questione di parole e di intenzioni, ma anche di gesti imparati alla scuola di Gesù e dei santi.
Preghiera della settimana
La fede della nostra Chiesa è come un piccolo seme che chiede di crescere e portare frutto: persone molto lontane da noi nel tempo l’hanno resa forte con la loro esistenza.
Tu ci doni, Signore
i segni del tuo amore
tramite i santi
che in ogni tempo
hanno testimoniato
il tuo vangelo.
Ti rendiamo grazie
per i monaci Alberto e Vito
che hanno costruito
una casa di preghiera
perché mai mancasse
nella nostra terra
un luogo dove cantare
le tue lodi.
E ti rendiamo grazie
per Alberto da Villa d’Ogna
che con la sua generosità
ha scandalizzato
i benpensanti di tutti i tempi,
offrendo ai poveri
se stesso, oltre al pane.
Noi ti preghiamo:
facci maturare nella preghiera
che colma il cuore
e istruisce le mani.
AMEN
Terza Settimana di Quaresima
I Simboli dei Santi della Chiesa di Bergamo
Tra '400 e '500
Beati i miti, perché erediteranno la terra.
Mite è chi accetta di non vincere: non aggredisce, non spadroneggia. Chi ama non può che essere mite, l’esperienza muta il cuore. La terra ereditata è il pegno dello Spirito, che è vita: la terra promessa di Israele.
Quante volte nel linguaggio ordinario diciamo: “Beato te che hai…”, segue l’elenco preferito di oggetti, possibilità, privilegi. È un uso distorto della parola “beato” che ci allontana dal vangelo e dal percorso di santità che vorrebbe tracciare per noi. Per il vangelo si potrebbe dire che l’espressione corretta sia: ” Beato te che NON hai… “.
È nella mancanza e nella rinuncia che si può lasciare spazio a Dio e alla sua parola. Difficile di questi tempi, non trovate?
Terza beatitudine. Il mite è colui che non conquista, non lotta, non pretende. È chi non alza la voce e chi non si impone, per certi versi il mite è il perdente, perché chi non sgomita non ottiene niente.
Dio non sta dalla parte dei furbi e dei prepotenti, ma dalla parte dei miti, così ha vissuto suo Figlio in mezzo agli uomini, così possono vivere i fratelli capaci di condividere la terra e non di accaparrarsela.
Vivere da fratelli significa riconoscersi figli di un unico Padre, è da lui che si eredita la terra, si ha parte del suo tesoro.
La predicazione del vangelo e il servizio ai poveri sono due frutti buoni dello Spirito.
San Bernardino da Siena
Il Bastone e il Nome di Gesù
Il bastone è il segno del pellegrino, di chi attraversa a piedi campi e monti per giungere alla meta. La meta di san Bernardino è il cuore di ogni persona che incontra. La sua missione è quella di predicare alla gente, cioè di annunciare a tutti la Buona Novella di Gesù.
Bernardino cammina per tutta l’Italia, così come Gesù e gli apostoli hanno fatto prima di lui in Palestina: per incontrare nuovi fratelli è necessario muoversi, uscire di casa e mettersi per via. Il bastone è segno della missionarietà della Chiesa, della sollecitudine con la quale andare incontro al fratello e offrirgli Gesù.
San Bernardino tiene tra le mani una tavoletta di legno sui cui è raffigurato il nome di Gesù. Nei suoi pellegrinaggi Bernardino non portava se stesso, ma il suo Signore. In questa tavoletta di legno era riassunto tutto quello che diceva, tutto il mistero e tutta la fede che intendeva condividere. Il santo consegnava a chi lo ascoltava la tavoletta e lo invitava ad appenderla sulla porta della propria casa: lì viveva un cristiano, lì c’era pace che veniva offerta a chiunque vi avrebbe fatto visita. Bernardino era un testimone della bontà del Signore e la diffondeva con gesti semplici tra la gente semplice.
San Girolamo Emiliani
La Casa e i Bambini
Chi non ha una casa è tra i poveri più poveri. San Girolamo questo lo sapeva bene, perciò impegnò le sue forze per dare un rifugio a chi non ne aveva, in particolare alle persone più deboli e dimenticate dalla società: gli orfani e le prostitute.
Come Dio ha creato la terra affinché l’uomo possa abitarla in pace e con riconoscenza, così Girolamo costruisce delle case di accoglienza e fraternità. Accogliere qualcuno in casa significa tenere la porta aperta, accettare a tutte le ore una presenza che chiede aiuto, ascolto e comprensione. La casa del cristiano è una porta aperta come il suo cuore.
San Girolamo è circondato da dei bambini. La sua passione per i più piccoli e poveri è nata e cresciuta ascoltando le parole di Gesù: “Lasciate che i bambini vengano a me”. I bambini sono le persone più indifese e bisognose: non sanno fare niente da soli, hanno necessità che qualcuno si prenda cura di loro, che li protegga, li curi, li istruisca su tante cose. Nei bambini san Girolamo vede con gli occhi di Gesù tutta l’umanità bisognosa, per questo non smette mai di operare per il bene: il suo cuore vive della stessa compassione del suo Signore.
Preghiera della settimana
Ci sono dei santi che hanno visitato la nostra terra e l’hanno cambiata col loro passaggio: sono stati dei doni inattesi che ricordiamo con gratitudine.
Le tue vie, Signore,
sono sconosciute all’uomo,
ma sono percorse con fiducia
dai tuoi santi.
Da queste vie misteriose
sono giunti tra di noi
dei santi che hanno
annunciato la tua Parola
e curato ogni malato.
Rendici capaci di riconoscenza
per Girolamo Emiliani
che non ha risparmiato
la sua vita
per curare i moribondi
e alleviarne il dolore.
E rendici capaci
di riconoscenza
per Bernardino da Siena
che con la sua passione
ha istruito gli ignoranti
e portato la pace
tra le case.
Noi sappiamo che con te,
Signore,
possiamo spostare
le montagne
prosciugare i mari,
allora rendici capaci
di asciugare il volto
di chi piange
e di offrire una parola
di speranza
a chi è disperato.
AMEN
Quarta Settimana di Quaresima
I Simboli dei Santi della Chiesa di Bergamo
L'Epoca di Trento
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Misericordioso è colui capace di empatia, di sentire non solo il bene, ma anche il male dell’altro come se fosse proprio: è la forma più alta della com-passione. Il futuro restituisce centuplicato ciò che si è seminato.
Le beatitudini del vangelo di Matteo fanno parte del “discorso della montagna”: il monte è il luogo più vicino al cielo. È sul monte che Mosè riceve le tavole della legge, è su questo nuovo monte che Gesù consegna ai suoi non un decalogo di cose da fare o non fare, ma un invito a essere e a vivere in pienezza tutto ciò che si è ricevuto.
Le beatitudini sono parole che prendono vita se sono attraversate dallo Spirito Santo che le incarna nel cuore di ogni uomo e donna di buona volontà.
Quarta beatitudine. Misericordioso significa, letteralmente, “povero di cuore”, contrapposto ad altezzoso, superbo. La misericordia è una delle principali qualità divine testimoniate da Gesù, è la capacità di amore facendosi piccoli per essere accanto. Chi è misericordioso è quindi partecipe dello Spirito, prende parte alla comunione trinitaria, per questo trova misericordia, cioè incontra Dio, lo scopre al proprio fianco.
Chi è misericordioso ha Dio dalla sua parte, quale altro alleato può desiderare?
Il rinnovamento della Chiesa nasce dalla preghiera a Dio e dalla sapienza dell’uomo.
San Gregorio Barbarigo
Il Pastorale e la Veste Rossa
Il pastorale è quel lungo bastone ricurvo che contrassegna la guida della Chiesa da parte del papa e dei vescovi. Il nome custodisce la sua funzione: è il bastone del pastore, cioè di colui che si prende cura del gregge, che lo porta a pascolare, che si mette in cerca della pecorella smarrita. Il buon pastore è Gesù: a lui devono guardare tutti coloro che sono chiamati a servire la Chiesa guidandola.
San Gregorio è stato un pastore attento al suo gregge, capace di compiere le scelte giuste imparando da Gesù la sapienza della guida.
La veste rossa del vescovo è il segno dell’incarico che Gregorio ha avuto dal Signore. Il rosso si sovrappone alla veste bianca ricevuta nel battesimo: è il colore della passione e della dedizione. Con la lavanda dei piedi Gesù ha insegnato agli apostoli che chi conduce il gregge deve essere disposto a servire come fosse un servo. San Gregorio vive in pienezza l’impegno al servizio della sua Chiesa: non sta come un nobile aristocratico in un castello, ma tra la sua gente, proprio come fa un pastore che dorme con le sue pecore.
Santa Maddalena di Canossa
I Semi e la Chiave
La vita di santa Maddalena è stata ricca di frutti perché ha saputo seminare molti semi. Pur essendo ricca e di famiglia nobile, Maddalena non ha distolto lo sguardo dai tanti poveri che abitavano la sua città, ma ha lasciato che la compassione, il patire con loro, entrasse nel suo cuore. Il patire come i poveri l’ha portata al cuore di Gesù, proprio come dice san Paolo: “Abbiate gli stessi sentimenti di Gesù”.
I semi sparsi da Maddalena sono stati prima di tutto semi di compassione che ha condiviso con le altre donne che un po’ alla volta si sono unite a lei per aiutarla nel servizio ai poveri.
Santa Maddalena ha vissuto la sua ricchezza come occasione di condivisione con i poveri. Il primo gesto che ha fatto è stato quello di aprire la sua casa a chi viveva per la strada. La chiave che la padrona di casa tiene in quei tempi sempre con sé non serve per chiudere, ma per aprire, per spalancare le porte e invitare tutti a trovarvi rifugio. La chiave è il segno della proprietà che non è condivisione tra il mio e il tuo, ma occasione per mettere tutto in comune. Con le sue sorelle nella fede Maddalena da vita a una comunità come quella dei primi cristiani.
Preghiera della settimana
La fede della Chiesa di Bergamo è cresciuta grazie anche alla presenza di preti, monache, frati, suore e vescovi che hanno offerto il loro servizio di testimonianza.
Abbiamo bisogno, Signore,
di uomini e donne
che con sincerità
ci testimoniano la tua presenza
e il tuo amore.
Per questo ti preghiamo
per tutti i consacrati
che ti servono
nella tua Chiesa:
sostienili e rendili forti,
sapienti e coraggiosi.
Ti lodiamo, Signore,
per il vescovo
Gregorio Barbarigo
che con sollecitudine
e impegno
ha rinnovato il volto
della Chiesa.
Ti lodiamo, Signore,
per Maddalena di Canossa
che con la sua generosità
ha dato un nuovo slancio
alla cura dei poveri
e degli emarginati.
Sul loro esempio
facci capaci
di azioni giuste e buone.
AMEN
Quinta Settimana di Quaresima
I Simboli dei Santi della Chiesa di Bergamo
L'Ottocento
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Un cuore puro è l’essenza dell’uomo che non si lascia attrarre da sirene ammalianti. È il luogo da cui inizia la ricerca sincera di Dio e che purifica gli occhi tanto da renderli vedenti.
I beati sono coloro che abitano il regno di Dio, sono i fratelli del Figlio e i concittadini di tutti i santi. Essere beati significa vivere nel mondo degli uomini senza adeguarsi alla loro logica, essere beati è uno stile di vita che ribalta la classifica delle cose più importanti della vita: soldi, successo, popolarità, rinunciando a essere il centro del proprio mondo.
Se si hanno dei fratelli come è possibile considerarsi unico e primo di tutti?
Quinta beatitudine. La purezza del cuore è la condizione per la retta intenzione. Non si tratta di ingenuità o inettitudine, bensì di buona volontà e scelta per il bene.
I puri di cuore sono quelli che non si lasciano tentare dalle scorciatoie che sembrano regalare tutto senza sforzo. L’impegno a vivere un’esistenza retta cambia il cuore, il centro dell’uomo che non è più lo stesso: adesso può vedere Dio, stare alla sua presenza.
Le azioni buone portano al centro della rivelazione, offrono una comprensione più profonda del sogno che Dio ha per l’intera umanità.
La cura dei piccoli e poveri: l’istanza educativa del cristianesimo.
Santa Teresa Eustocchio Verzeri
La Candela e il Crocifisso
Una candela accesa nella notte è il segno della ricerca. Santa Teresa è stata una donna che ha cercato a lungo il volto di Dio nella sua esistenza, chiedendosi come poter servire la Chiesa secondo le sue capacità. La candela è il segno della veglia nella notte: è necessario attendere e desiderare di vedere il volto di Dio, proprio come le dieci vergini che nel vangelo attendono lo sposo.
Così ha fatto Teresa: non si è lasciata scoraggiare delle difficoltà e ha atteso che la volontà del Signore si manifestasse nella sua vita compiendola con tutta se stessa.
Santa Teresa tiene stretto al cuore un crocifisso. Il crocifisso è il segno che ricorda la morte di Gesù, il suo dono d’amore per l’intera umanità. Per i cristiani la croce insegna come vivere la propria vita: con impegno, dedizione, passione, senza risparmiare nulla, con una generosità infinita. Anche Teresa vuole imparare da Gesù crocifisso a dedicarsi ai più giovani senza misura, per questo lo porta sempre con sé: non è un amuleto, ma il segreto della comunione e della testimonianza.
Beato Luigi Palazzolo
Il Burattino e il Mantello
Luigi Palazzolo era un prete capace di incontrare e parlare con tutte le persone, soprattutto coi bambini. Lui sapeva che le parole del vangelo che portava nel cuore erano per tutti, ma che a ciascuno andavano consegnate in modo speciale.
Così, quando incontrava i bambini, teneva un burattino tra le mani. Un burattino è simpatico, divertente: fa sorridere quando parla. Era così che Luigi voleva che i bambini conoscessero la vita di Gesù: con il sorriso, perché Gesù per loro è un amico importante, un amico per tutta la vita.
Ai tempi del beato Luigi ci si copriva dal freddo con un pesante mantello. Il mantello è un pezzo di stoffa di lana con il quale si coprono le spalle o la testa, per Luigi era un’occasione per offrire riparo a chi era senza. Basta aprire il mantello e un’altra persona può trovarvi calore. Proprio come il pane, anche un mantello può essere condiviso e diventare occasione di scambio fraterno. Il beato Luigi ci insegna che quando uno custodisce la sapienza della condivisione fraterna è capace di ogni invenzione per amare e servire il povero.
Preghiera della settimana
La fede è affidata a tutti i cristiani: ai grandi come ai piccoli. Anche i bambini possono cantare le lodi di Dio rendere grazie e per la bellezza del creato.
La preghiera, Signore,
ci unisce a te e ai fratelli.
È un mistero di comunione
che viviamo ogni volta
che diciamo insieme:
“Padre Nostro”.
Ricompensa tutti coloro
che ci hanno insegnato
a pregarti
con gioiosa riconoscenza.
Ti rendiamo grazie, Signore,
per tutti i santi
che si sono presi cura,
dei bambini e dei ragazzi.
Grazie per Luigi Palazzolo
che con fantasia
ha annunciato il vangelo
a tanti piccoli cristiani.
Grazie per
Teresa Eustocchio Verzeri
che nella cura
e nella costanza
ha saputo testimoniare
la sua fede e ridare speranza.
Facci sempre preoccupare
di chi è piccolo
e ha bisogno
del nostro aiuto.
AMEN
Settimana Santa
I Simboli dei Santi della Chiesa di Bergamo
Il Novecento
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Fare pace significa generare fratellanza, imparare e insegnare a spezzare il pane, a lavare i piedi a sacrificarsi offrendo lo propria vita.
C’è un altro passo del vangelo in cui la logica di Dio viene cantata da chi può dirsi “beato”. È il cantico del Magnificat, il canto di Maria che incontra Elisabetta e tesse le lodi del Dio altissimo. Maria si definisce “beata” perché vive la beatitudine di questa imprevista gravidanza, perché Dio “ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi”.
Beato è chi non vive solo la condizione di povero di spirito, di mite, di misericordioso, ma è capace di leggere nella propria esistenza i segni della presenza di Dio e della sua ricompensa già in atto.
Sesta beatitudine. La pace non è assenza di conflitto, né semplice tregua. La pace è l’accoglienza del diverso, la disponibilità all’incontro e all’ascolto.
Gli operatori di pace sono coloro che proclamano e promuovono la necessità di una vita fraterna, capace di gesti di comunione. Chi opera a favore della concordia, chi desidera con tutto se stesso che si viva in pace ed è disposto a pagarlo di persona, allora gode della adozione a figlio di Dio.
L’offerta della propria vita nel servizio alla Chiesa e al mondo.
Beato Giovanni XXIII
La Colomba e la Pietra
Giovanni XXIII è stato un uomo capace di impegnarsi per la pace costruendola con pazienza, pregandola con fede, spiegandola a tutti gli uomini di buona volontà. La colomba è un animale bianco, leggero, mite che non aggredisce né uccide, per questo è diventato l’emblema della pace.
Le parole di Gesù risorto: ” Pace a voi! ” risuonano nel cuore di papa Giovanni. È la pace il dono grande da offrire a tutta l’umanità! Ogni cristiano ha ricevuto la vocazione a essere costruttore di pace, questa è la volontà di Gesù e la testimonianza che ci ha lasciato Giovanni XXIII.
Una pietra squadrata è ai piedi di papa Giovanni. È una pietra su cui riposarsi, come pure una pietra sulla quale costruire una casa. “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa”, le parole che Gesù ha rivolto a Pietro sono le stesse che ha rivolto al beato Giovanni. Il suo compito è rendere la Chiesa una casa accogliente, una casa in cui si prega il Padre dei cieli e in cui si spezza il pane tra i fratelli. Essere papa per Giovanni ha significato essere forte come una pietra e generoso come un sostegno.
Santa Gianna Beretta Molla
I Figli e il Fiore Croco
Una candela accesa nella notte è il segno della ricerca. Santa Teresa è stata una donna che ha cercato a lungo il volto di Dio nella sua esistenza, chiedendosi come poter servire la Chiesa secondo le sue capacità.
La candela è il segno della veglia nella notte: è necessario attendere e desiderare di vedere il volto di Dio, proprio come le dieci vergini che nel vangelo attendono lo sposo. Così ha fatto Teresa: non si è lasciata scoraggiare delle difficoltà e ha atteso che la volontà del Signore si manifestasse nella sua vita compiendola con tutta se stessa.
Santa Teresa tiene stretto al cuore un crocifisso. Il crocifisso è il segno che ricorda la morte di Gesù, il suo dono d’amore per l’intera umanità. Per i cristiani la croce insegna come vivere la propria vita: con impegno, dedizione, passione, senza risparmiare nulla, con una generosità infinita. Anche Teresa vuole imparare da Gesù crocifisso a dedicarsi ai più giovani senza misura, per questo lo porta sempre con sé: non è un amuleto, ma il segreto della comunione e della testimonianza.
Preghiera della settimana
La fede custodita nel cuore genera una vita buona che diventa testimonianza per tutta la comunità cristiana, per questo lodiamo il Signore.
La croce sul Calvario
è il segno della tua morte,
Signore,
come del tuo amore
per ciascuno di noi.
Nel buio che copre
tutta la terra
noi attendiamo
il nuovo sole che ridà vita
a tutta la creazione.
Nel buio che copre
tutta la terra
noi guardiamo
ai tuoi testimoni,
a coloro che prima di noi
ti hanno incontrato e seguito.
Guardiamo a Giovanni XXIII
che da buon pastore
ha guidato la tua Chiesa
con dedizione e coraggio.
Guardiamo a
Gianna Beretta Molla
che da buona mamma
ha preferito salvare
la vita della propria figlia
invece che la propria.
Donaci una fede vera
capace di farci crescere
e vivere una vita buona.
AMEN
Pasqua di Resurrezione
I Simboli dei Santi della Chiesa di Bergamo
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.
Chi ascolta è già beato perché ha per l’appunto ricevuto il dono, ecco la Chiesa. L’elenco delle persecuzioni lascia spazio alla gioia e alla danza. C’è una ricompensa grande: il piccolo dono che si cercava mendicando, da poveri, diventa immenso e avvolgente.
L’espressione “beati” in questa ultima beatitudine diventa “beati voi”. È come se Gesù fino ad ora avesse parlato a tutta l’umanità, guardando lontano, adesso si gira verso di noi e, guardandoci negli occhi, ci consegna l’ultima beatitudine. Il “voi” si rivolge nei secoli a tutti i battezzati: non è facile vivere da credenti, perché chi veramente crede risulta scomodo, antipatico, dà fastidio. L’abbiamo imparato in questo lungo cammino di quaresima: vivere secondo le beatitudini significa vivere controcorrente. Se non vi dà fastidio vivere la fede, probabilmente avete preso un abbaglio, perché credere è questione seria, impegnativa e per niente rassicurante. Ciò non significa che essere cristiani corrisponde a essere tristi: il vangelo è chiaro, l’invito è alla festa e alla gioia.
I beati danzano felici, conoscono il dolore del mondo, le sue contraddizioni e ingiustizie, ma sanno che il male e la morte non avranno l’ultima parola: c’è una vita nuova, una ricompensa custodita nei cieli di cui la comunità cristiana è segno e anticipazione.
Allora la danza di Pasqua compie il cammino di quaresima e dà inizio a un nuovo percorso.
Il Cristo-Vite
Al centro della storia di tutti i santi c’è Gesù risorto. La sua presenza è costante e fedele e suscita in ogni tempo uomini e donne di buona volontà disposti a seguirlo e a compiere la volontà del Padre. Tra questi uomini e donne che ascoltano la Parola e la vivono secondo lo Spirito Santo nasce la Chiesa che è il corpo di Gesù sulla terra. I cristiani sono legati a Gesù e tra di loro: questo è il mistero della comunione ecclesiale.
La comunione della Chiesa è un mistero. Ciò significa che non si può capire fino in fondo, ma siccome ci coinvolge abbiamo bisogno di comprenderlo ed esprimerlo. Nel vangelo di Giovanni, durante l’Ultima Cena, Gesù spiega con una metafora il mistero della comunione con lui, un’unione che durerà per sempre. La metafora dice: “Io sono la vite, voi i tralci”. Cosa significa questa frase? Prima di tutto che il mistero di comunione è un mistero di vita: tra il tronco della vite e i suoi rami scorre una linfa vitale, c’è uno scambio e un sostegno continuo. Inoltre questa frase significa che Gesù è al centro della vita dei cristiani, che da lui viene ogni bene.
Per mostrare questo mistero un pittore del XVI secolo, Lorenzo Lotto, ha dipinto un grande affresco nel quale Gesù è al centro di un’intera parete. Il suo sguardo con dolcezza è rivolto a chi gli è di fronte, mentre la bocca è socchiusa: sta pronunciando la frase “Ego sum vitis vos palmites” in latino. E mentre ci dice che noi siamo i tralci dalle sue mani generose, aperte per accoglierci, nascono dei tralci di vite. Le dita diventano la base di questi rami che salgono verso il cielo. La figura di Gesù diventa l’immagine di un albero che porta ricchi frutti: i santi.
Le mani di Gesù, quelle stesse mani che hanno lavato i piedi ai discepoli e che hanno spezzato il pane e versato il vino nell’Ultima Cena, sono diventate il collegamento tra lui e la Chiesa. Non solo i santi, ma ogni battezzato è legato a Gesù dai tralci della vite: anche tu! Anche tu sei un ramo che nasce dal palmo della mano di Gesù: unito a lui puoi portare buoni frutti, se lo vuoi. Mentre vivi la tua vita di tutti i giorni puoi portare frutti buoni se sai vivere con sincerità la preghiera, la messa e tutte le occasioni che ti fanno incontrare Gesù.
Preghiera della settimana
La fede che sant’Alessandro ha portato nella nostra terra come un chicco di grano è divenuta un grande campo di spighe mature, anche noi ne facciamo parte.
Il cielo canta con la Chiesa
l’Alleluia della vita nuova
che salva dalla morte
e protegge dagli inferi.
Anche noi cantiamo
pieni di riconoscenza
per i quaranta giorni
durante i quali
abbiamo camminato
nel deserto della quaresima.
In questo deserto, però,
non siamo stati soli,
ci hanno accompagnato
santi e sante, fratelli e sorelle
nella fede,
amici e amiche
che ci hanno aiutato
e rincuorato.
Ti rendiamo grazie, Signore,
per tutto ciò
che abbiamo ricevuto,
ma soprattutto
ti ringraziamo per tutto ciò
che siamo stati capaci di dare:
gesti d’aiuto,
parole di consolazione,
tempo da condividere,
silenzio per ascoltare.
Nella Chiesa noi, i tuoi tralci,
vogliamo continuare a vivere
in pace e letizia
senza lasciarti mai.
AMEN