…ma i missionari credono alla giornata missionaria mondiale?
Mi chiedevo in questi giorni e lo facevo senza alcuna intenzione di guerriglia: ma i missionari ci credono alla giornata missionaria mondiale? Una domanda che è diventata una persecuzione. Mi era già venuta altre volte, ma ero sempre riuscito a mandarla via come un brutto pensiero, stavolta non ci sono riuscito. Ci sono state alcune telefonate, dialoghi con i sacerdoti, mormorazione dei gruppi, un’insistenza incredibile ed ho ceduto.
“È venuto un missionario, ha parlato dei suoi progetti, delle sue costruzioni, del bisogno dei soldi, si è piazzato in fondo alla chiesa a vendere i suoi libri… non ho parole”: è il reportage di un parroco deluso, perché aspetta ogni anno con interesse l’appuntamento, lo prepara e lo cura con diligenza confidando di poter un po’ scalfire le chiusure della sua comunità.
Si presenta in ufficio un giovane prete, neo parroco: “Se sapevo una cosa del genere, avrei predicato io. Non ha fatto altro che incensarsi e sparare addosso alla gente: ricca, superficiale, attaccata ai soldi. Dateli a me che so cosa farne”. Non proferisco parola perché nel cuore ho le parole del salmo: “attoniti e presi dal panico sono fuggiti”. Facile sparare addosso ai presunti ricchi che non hanno mai mancato l’appello alla solidarietà.
“Abbiamo curato la liturgia, preparato i ragazzi alla celebrazione, distribuito il messaggio del Papa, non ci ha degnati di uno sguardo ricordandoci che la cosa più importante è aiutare chi, come lui, è credibile, ad esempio con le sue adozioni a distanza”: chi parla è un tizio del gruppo missionario umiliato e deluso da tanta ignoranza. Ha partecipato a tanti incontri informativi, scelto di coinvolgere i ragazzi di terza media, di invitarli a lasciarsi guidare dalla Parola di Gesù nelle scelte di vita, di guardare l’esempio di chi vive tra i poveri. Ma forse era meglio fare altro.
Capita che, anche con le più buone intenzioni, uno qualche domanda se la ponga e qualche risposta, sempre parziale, si metta a cercarla.
Di fatto, grazie a Dio, nelle nostre parrocchie la giornata missionaria conserva un suo fascino ed una sua incisività. I preti ci credono e la gente non pensa per nulla a smentirli tanto che, interesse e generosità, non vengono meno. A questo punto mi viene da dire, nonostante tutto.
Il valore educativo della giornata mi sta a cuore.
È mondiale. Il pensiero che ovunque una comunità di credenti realizzi la Chiesa è qualcosa di entusiasmante. Ecco perché ci piace sentire i missionari parlare di fede, di come annunciano il Vangelo, dello spazio che occupa nel loro cuore la gente, della fatica della povertà e, talvolta, dei disastri causati dalla guerra e dalla negazione dei diritti. E non è un piacere senza conseguenze, perché ci fa pensare…quanto poco sappiamo apprezzare la nostra storia, come siamo piccoli quando ci lamentiamo di qualche disagio, che miseria l’ansia di essere qualcuno e di avere più degli altri; quanto piccolo è l’orizzonte dentro il quale scegliamo di abitare con le nostre sicurezze e agiatezze.
Mondiale vuol dire che cammina per il mondo e, dunque, apre all’incontro, alla relazione, alla condivisione. Non ha barriere, non costruisce frontiere, non esclude nessuno: è proprio il sogno della Chiesa. Perché allora non aiutare le nostre ossidate comunità occidentali a riprendere il cammino, perché non sollecitarci alla missione quotidiana, non invitarci ad una fede viva ad uno stile di vita conseguente?
Mondiale vuol dire che mi interessa, proprio come al missionario di frontiera e vorrei poterne non farne più a meno. Una giornata per mettermi nel cuore il desiderio del mondo: è un’impresa possibile. È già qualcosa. E poi il cuore del racconto è Gesù Cristo: guai a noi se cambiassimo il protagonista della storia. L’itinerario della fede diventa allora significativo, offre uno spazio di testimonianza non indifferente. L’operatore sociale lo trovo anche in Comune, il benefattore dei poveri non fa altro che dare ciò che gli avanza, il teorico di un’economia alternativa imperversa nelle librerie più aggiornate, ma il testimone della fede lo cerco proprio lì, nella giornata missionaria. Ho davanti agli occhi e nel cuore figure di uomini e donne di qualità superlativa, incapaci di parlare di sé senza il linguaggio del Vangelo, umanamente carichi solo del mistero di Dio. È un ricordo dolce e tormentato. Non mi lasciano in pace nella fede. Forse non hanno scritto libri e neppure tengono la contabilità delle adozioni, ma la loro vita realizza nel piccolo la mondialità della salvezza. Sono davvero testimoni di Dio.
Anche le nostre comunità hanno voglia di Vangelo. Sembrano così distratte, impegnate altrove, indisponibili, ma quando si realizza l’incontro, quando si stabilisce la relazione le uniche parole che contano sono quelle del Vangelo e non sono lettera morta, ma raggiungono il cuore nella misura in cui da un cuore sono state gratuitamente offerte. L’iniziazione alla fede è continua ed è mondiale, anche qui la giornata missionaria fa scuola.
Un’altra sberla non indifferente viene dalla vocazione. È un tempo di magra, persino quelle vocazioni che fanno riferimento ad una certa radicalità sono notevolmente in crisi e forse la proposta è perdutamente inefficace. E mi spiego.
Il fascino è indispensabile per essere accalappiati. Non c’è amore senza rimanere affascinati, non c’è stima ed amicizia se non ti afferra la bellezza. Opposta alla bellezza è l’ovvietà. Negazione della bellezza è la freddezza. Scandalo della bellezza è la presunzione. Il rischio di rendere lontana ed indesiderabile la vocazione missionaria è sempre in agguato. Chiudendosi nel piccolo guscio della propria grande missione anche il missionario impoverisce la specificità della sua vocazione. Mondiale è la tensione missionaria, locale inevitabilmente la sua realizzazione. Ci vuole un costante esercizio di purificazione per non cadere nella soddisfazione del particolare. Mi ha molto colpito il pensiero dei giovani, rientrati da un breve periodo di incontro con la missione, che sono venuti a raccontarmi di avere incontrato uomini e donne di fede, dediti ai propri fratelli, tanto che persino la povertà si è relativizzata davanti alla ricchezza del Vangelo!
Penso di essermi fatto, con queste righe scritte tutte d’un fiato, un buon numero di nemici che vanno ad aggiungersi a quelli di sempre, ma la cosa, pur dispiacendomi, non mi preoccupa. Quello che più mi sta a cuore è, ancora una volta, la giornata missionaria mondiale di cui ogni missionario è testimonial.
Mi piace guardarlo proprio così questo prezioso “segno”, che mi auguro non sia in via di estinzione, ma rimanga al suo posto in una Chiesa necessariamente missionaria: un testimone mondiale del concretizzarsi, in un luogo specifico, del mistero di Dio.
“Ho cercato di amare la mia gente con il cuore di Dio, torno in missione con questo continuo desiderio”: sono le parole di una suora che prende congedo da me chiedendomi la benedizione perché: “Io ci credo!” Non me ne vogliano i missionari doc, ma non ci lascino mancare il racconto della loro fede e della fede delle loro comunità aiutandoci ad aprire il cuore al mondo intero perché loro stessi non possono fare a meno di amare nello stesso modo tutto il mondo, tutto l’uomo. È così che vorremmo essere educati alla missione!
don Giambattista Boffi
direttore centro missionario diocesano