La Pachamama delle Popolazioni Andine
L’estate scorsa sono andato in Bolivia; con padre Andrea ho visitato alcune comunità sulle Ande. In tutte le comunità ho visto una cosa stranissima: prima di qualsiasi brindisi, il responsabile della comunità (una sorta di sindaco), prima di portare il bicchiere alla bocca, versava un po’ del contenuto in terra! Che senso ha? Spiegami padre Andrea! “È un rito delle popolazioni Quechua e Aymara: versare il primo goccio alla terra significa rendere partecipe la Madre Terra (la Pachamama) alla festa, ringraziando per tutti benefici che concede e ricordare nel contempo tutte le persone passate”.
Pachamama significa in lingua quechua Madre terra. Si tratta di una divinità venerata dagli Inca e da altri popoli che abitano l’altipiano delle Ande. Pachamama è la dea della terra, dell’agricoltura e della fertilità.
Padre Andrea ha continuato per farmi capire meglio: “Nel mese di Agosto le popolazioni andine, tutt’ora praticano il culto del ringraziamento alla Pachamama, restituendo alla madre terra il nutrimento che essa fornisce loro. Viene scavata un’enorme buca nella quale, tutte le famiglie pongono alimenti, cibo e pietanze che vengono appositamente cucinate. Ognuno dei partecipanti versa una porzione di cibo, ringraziando la madre terra. Al termine la buca viene completamente ricoperta, e ogni persona depone una pietra. Al termine si forma una vera e propria montagnola di sassi. Solitamente si sceglie sempre un luogo piuttosto alto per fare questo rito, per far sì che sia il più possibile vicino al Sole (Inti)”.
Dalla madre Terra dipende la sussistenza di queste popolazioni delle Ande e alla Madre Terra è necessario restituire la primizia di tutto (ecco perché il capo comunità versa le prime gocce in terra). Nelle popolazioni Quechua e Aymara, importantissima è la figura del saggio, colui che insegna e comunica la spiritualità alle giovani generazioni, attraverso l’insegnamento orale.
Le proposte
- Recuperare immagini delle Ande e dei villaggi andini e invitare i ragazzi a una sorta di “ricostruzione dell’ambiente andino”. Utilizzando materiale che si trova nello spazio dove si trovano i ragazzi, far ricostruire in terra i villaggi, gli animali, e, se si conosce qualche persona proveniente dalle zone andine, invitarlo a condividere questo momento (bello sarebbe che portasse i suoi costumi tipici. E visto che le popolazioni delle Ande amano fare festa, improvvisare una festa. Un unico bicchiere che il responsabile della comunità (in questo caso l’animatore), primo della fila riempie di acqua: versa la primizia dell’acqua in terra e poi, dopo aver bevuto il primo sorso, passa il bicchiere agli altri del gruppo.
- La Chiesa di Bergamo è stata generosa nel donare alla terra andina di Bolivia molti missionari sacerdoti, suore e laici. Alcuni sono disponibili ad incontrare i ragazzi più grandi per raccontare la storia affascinante delle civiltà precolombiane che hanno determinato la formazione delle attuali tradizioni.
- Da alcuni anni nella nostra città di Bergamo è nata una nuova parrocchia che ospita prevalentemente latino-americani: sono una ricchissima fonte di feste, musiche, danze… Una proposta è conoscere questa realtà incontrando i responsabili e coloro che la frequentano.
- Nella trasmissione orale del villaggio di Tica-Taca, è successo un pasticcio: il ragazzo non ha ascoltato bene il messaggio che ha donato il saggio e ora… Si propone il classico gioco “telefono senza fili”; se il gruppo è costituito da ragazzi grandi, la frase da trasmette sarà un po’ più lunga e complessa.
- Sulle Ande la terra dona solo patate e cipolle! Tra i due villaggi di Tapacary e Irpa Irpa si è aperto un contenzioso: quale terra produce più patate? Si divide il gruppo in due sottogruppi omogenei; nel tempo di 10 minuti devono far crescere più patate possibili: utilizzando carte da riciclo o giornali vecchi fanno delle palline (delle dimensioni delle patate); un po’ di nastro adesivo perché non si sfaldino e una pennellata di colore (facoltativa). Ovviamente vince il villaggio che produce il numero maggiore di patate “buone da mangiare”.
- I bambini dei villaggi, che non hanno tutto il giorno impegnato con la scuola, il calcio, la danza, lo sci…, inventano i giochi con quel che hanno. Le cipolle sono un ottimo oggetto per giocare. Dato che la cipolla fa piangere, è necessario tenerla in mano meno tempo possibile. La cipolla per il nostro gioco, altro non è che una pallottola di carta costituita da più strati: tra uno strato e l’altro vi è un bigliettino con una penitenza. Una musica da il ritmo del passaggio della cipolla da una mano all’altra; quando la musica si stoppa il ragazzo con la cipolla in mano compie la prima penitenza… il gioco continua così fino alla conclusione di tutti i biglietti.