Storia per i ragazzi a Natale 2006
Prima Settimana di Avvento
L'Albero del Natale
È la sera della vigilia di Natale. Ha nevicato tanto durante la giornata e fuori è tutto bianco, Martina e Domenico stanno alla finestra e guardano il cielo: “Riusciremo a vedere la stella cometa stanotte? Quella che si è fermata sopra la culla di Gesù Bambino?”, chiede la bambina, la più piccola dei due fratelli. “Forse no, non si vede nemmeno il cielo, è tutto così grigio!”. Mentre stanno coi nasi appiccicati alla finestra ecco che arriva la mamma con in mano un pacco.
Non ha la carta colorata dei regali di Natale ed è in anticipo di qualche ora. “Cos’è”, chiedono in coro. “È un regalo per voi: un regalo per questa sera”… I bambini sono curiosi e subito prendono il pacco e iniziano a scartarlo. Dentro c’è un grosso pezzo di legno. “È un ceppo di Natale. Un pezzo di legna da bruciare nel camino durante tutta la notte della vigilia. Sentite com’è profumato? Questo è il legno di una pianta antica e nobile. Il Cedro del Libano”, spiega la mamma. Insieme preparano il fuoco e i due bambini mettono il ceppo nel camino.
È proprio bello vedere le fiamme che un po’ alla volta lo abbracciano. Poco dopo sentono un canto lontano e misterioso. Martina e Domenico si guardano sorpresi: “Da dove viene questa musica? C’è una radiolina nascosta nel ceppo?” “Sono io che canto”, una voce bassa e straniera esce proprio dal legno che brucia, “sono io che canto l’ultima mia lode alla creazione, e la canto per voi, mentre vi dono un po’ di luce un po’ di calore. Canto per compiere una promessa che ho ricevuto tanti anni fa, la promessa che mi ha fatto un angelo….ma è una storia lunga, questa, una storia lunga come questa notte, non so se volete ascoltarla….”. “Si, dai, raccontacela!!”, gridano insieme i bambini, che si siedono di fronte al camino e si preparano al racconto del Ceppo di Natale.
“Sono un cedro del Libano e ho sempre vissuto nei pressi della città di Betlemme, in Palestina. Sono nato e cresciuto vicino alle mura della città, poco lontano dalla porta da cui passano tutti quelli che entrano e tutti quelli che escono.
Ho vissuto mille e mille anni e ho visto le barbarie della guerra distruggere ciò che è delicato e prezioso, cancellare il significato di parole importanti come fratello e amico. Ho anche condiviso con gli uomini e le donne il tempo della pace in cui le risate e le danze riempiono le lunghe sere d’estate. In Palestina, nella terra dove scorre latte e miele, io ho affondato le mie radici e la storia è passata sotto i miei rami chiedendo riparo e ombra. Ho conosciuto tante persone e vissuto molti racconti.
Lasciate che ve ne regali qualcuno, così che il mio canto continui nei vostri cuori”.Il ceppo continua a bruciare nella notte di Natale e mentre si consuma racconta a Martina e Domenico le storie della sua terra: la Palestina.
“Come vi ho già detto la mia vita è trascorsa a Betlemme, una piccola cittadina poco lontano da Gerusalemme.
A Betlemme, tanto tempo fa, è nato Davide, il figlio di Iesse, colui che sarebbe diventato re di Israele. Io l’ho conosciuto quando correva sulle colline fuori dalla città giovane e spensierato. Un giorno venne a riposarsi sotto i miei rami. Mentre stava sdraiato iniziò a cantare uno dei salmi che componeva per ringraziare il Signore. Le parole erano molto belle, così belle che bisognava cantarle per non impoverirle. “Queste parole hanno bisogno di musica per salire leggere fino al cielo, caro Davide”, gli dissi. Lui alzò lo sguardo e disse. ” hai proprio ragione: possente cedro potresti donarmi uno dei tuoi rami più forti? Ci costruirei una cetra da suonare mentre prego il Signore”.
Io diedi volentieri il mio ramo più robusto a Davide che lo lavorò con cura e pazienza fino ad ottenere una bella cetra. La portava sempre con se mentre pascolava il suo gregge e componeva nuove preghiere. La sera veniva a sedersi sotto i miei rami e suonava cantando le lodi all’Altissimo.
È così che ho imparato che la preghiera è dolce come i frutti maturi e profonda come le mie radici. Quando Davide cantava gli uccelli del cielo si radunavano sui miei rami: tutta la creazione era chiamata a raccolta per ripetere all’infinito il rendimento di grazie.
Anche i pellegrini, i mercanti e la gente comune che passavano lungo la strada che conduceva in città si fermavano intorno a Davide.
Ascoltando la musica della cetra gli occhi stanchi si addolcivano e sulle bocche secche si disegnavano dei sorrisi: un pezzetto di paradiso era lì per chi era disposto ad accoglierlo nel suo cuore”. “È stato allora che l’angelo ti ha fatto la promessa?”, chiede Martina, che voleva scoprire il segreto dell’albero, ” No, ma il canto di Davide era molto simile a quello degli angeli. Anche voi siete vicini agli angeli tutte le volte che cantate le lodi al Signore”.
Seconda Settimana di Avvento
L'Albero del Natale
Il ceppo di Natale continua a raccontare di ciò che ha visto durante la sua lunga vita, mentre il fuoco un poco alla volta lo consuma. Martina e Domenico ascoltano attenti, cercando di immaginare quella terra lontana. “Dovete sapere che sulle colline intorno a Betlemme hanno sempre pascolato numerosi greggi di pecore. Una notte un terribile temporale sorprese un pastore di nome Amos che aveva un piccolo gregge. Era un pastore povero perché aveva poche pecore: la ricchezza si misurava, a quei tempi, non in soldi, ma in animali da pascolo. Malgrado il vento forte e minaccioso Amos riuscì a rifugiarsi sotto di me. Io strinsi i rami più che potevo, per non far passare la pioggia, proprio come un ombrello. Amos portava un agnellino, nato da poco, sotto il suo mantello…
Lo stringeva bene al petto, come se fosse la sua mamma, Era il suo tesoro più prezioso e più delicato. Prima di dormire lo avvolse in un fagotto di stracci e lo appese ai miei rami e mi disse: “Grande cedro, grazie per il rifugio che oggi ci hai dato. Affido ai tuoi rami forti il piccolo agnello: proteggilo dagli attachi delle belve feroci. Tienilo in alto sopra le nostre teste. Perché lui è il nostro futuro”.
Così Amos mi affidò il suo piccolo e tremolante tesoro e io fui felice di cullare tra i miei rami quella tenera vita. Quella notte ho capito la tenerezza con la quale il Creatore si prende cura di ciascuno di noi. La sua mano è pronta a sollevarsi e a commuoversi della nostra piccolezza. La mattina dopo il sole aveva ripreso a splendere: i miei ospiti se ne sarebbero andati presto, verso nuovi pascoli. Quando Amos si avvicinò al ramo dove aveva appeso l’agnello io gli dissi: “Ti prego, lascia il fagotto di stracci legato al ramo, così che qualche altro cucciolo, all’occorrenza, possa trovarvi riparo dalla pioggia o dal troppo sole.
Quando il vento lo farà dondolare io mi ricorderò che la salvezza è un dono da accogliere con umiltà e riconoscenza, come tu mi hai mostrato”. Amos lasciò i suoi stracci sul mio ramo e riprese il cammino con il suo gregge.” “E l’angelo, dov’era?”, chiede Domenico, “sicuramente era nel vento delicato che cullava l’agnellino, ma non è stata quella volta che mi ha parlato”, risponde il ceppo.
Terza Settimana di Avvento
L'Albero del Natale
Mentre la notte prosegue, Martina e Domenico iniziano a sbadigliare, ma non vogliono andare a letto: il racconto del cedro del Libano ha un profumo speciale che non vogliono perdere. Così il ceppo che brucia riprende la sua storia: “Intorno a Betlemme ci sono anche molti campi in cui viene seminato il grano. Di questo grano mangiano sia gli uomini che gli animali: quando è maturo ogni campo diventa una piazza in festa dove tutti possono prendere un poco dell’abbondanza del raccolto. Ricordo un’estate particolarmente calda quando una povera donna, di nome Noemi , si fermò sedendosi sulle mie radici. Era molto stanca: aveva camminato a lungo per raggiungere i campi di grano dove raccogliere pochi chicchi di grano con cui sfamarsi. “La mia vecchia schiena è dolorante. Come farò a raccogliere il grano?”
“Cara vecchina, prendi pure il mio ramo più robusto e dritto: sarà il tuo bastone… Potrai appoggiarti a lui quando cammini e ti sarà utile quando dovrai sollevarti dopo aver raccolto il grano”. Noemi mi guardò con gli occhi peni di lacrime di riconoscenza e scelse il ramo più dritto, quindi si incamminò verso i campi di grano. Stette via tutto il giorno, ma verso sera tornò con il suo piccolo raccolto. Stava tutto in una tasca, ma era soddisfatta di quello che aveva fatto. Prese dei rametti secchi intorno al mio tronco e accese un piccolo fuoco sul quale fece abbrustolire il grano. Mentre cucinava passò un bambino tutto solo: Noemi vide che aveva fame e lo invitò a fermarsi a mangiare. I chicchi di grano non erano tanti, ma sembravano bastare. Poco dopo passarono due pellegrini: anch’essi si fermarono a mangiare insieme alla vecchia e al bambino. Il primo di loro aveva del formaggio e lo divise con gli altri, il secondo aveva del vino e dell’acqua e ne bevvero tutti.
Quel giorno, sotto i miei rami, ho visto moltiplicarsi i pochi chicchi di grano in una cena fraterna. Ho visto la gratuità diventare la ricchezza più grande, una ricchezza che si può solo condividere. Anch’io ho ricevuto un chicco di grano quel giorno e l’ho custodito tra le mie radici finché è diventato una bella e abbondante spiga di grano da offrire a un viandante affamato”. Il ceppo tace per un momento, forse deve aggiungere qualcosa, Martina e Domenico aspettano impazienti, infatti riprende: “E no, nemmeno questa volta l’angelo mi ha parlato, ma è stata certamente una tavola imbandita da un angelo quella di Noemi e del bambino. Anche voi apparecchiate con gli angeli quando sapete condividere quello che possedete”.
Quarta Settimana di Avvento
L'Albero del Natale
La notte di Natale stava trascorrendo alla luce del ceppo che bruciava lento nel camino e che raccontava a Martina e Domenico quello che aveva visto passare sotto i suoi rami centenari. “Lungo la strada che entrava in Betlemme passava sempre tanta gente: pellegrini, viandanti, mercanti, soldati…..ma mai vidi così tanta gente recarsi a Betlemme come quella volta che l’imperatore Cesare Augusto decise di censire gli abitanti del suo impero…. Tutti i discendenti del re Davide dovevano tornare alla città del loro antenato per registrasi: un fiume di persone stava affollando la città. Una sera, sul tardi, vidi passare una giovane donna di nome Maria a dorso di un asino. L’accompagnava il suo sposo: Giuseppe. Maria portava un bambino nel suo pancione: presto sarebbe diventata mamma. I due entrarono a Betlemme che era buio, ma li vidi presto tornare indietro: avevano cercato un posto dove dormire per la notte. Ma nessuno ne aveva.
Quando arrivarono vicino a me li chiamai: “Giuseppe, Maria! Fermatevi! È troppo tardi per mettersi per strada: ci sono dei banditi lungo le strade che aggrediscono chi viaggia di notte. Venite qui, sotto i miei rami. Ecco farò posto nel mio tronco affinché Maria possa stare riparata e dormire tranquilla”. I due sposi accettarono l’invito e si fermarono. Ricordo bene quella notte, era proprio come quella che stiamo vivendo oggi. Le giornate erano brevi e il sole non scaldava più come prima. Giuseppe e Maria avrebbero dormito con me quella notte e poi avrebbero ripreso il viaggio: erano di passaggio, come due pellegrini.
Erano gli amici occasionali di quella notte: io avrei offerto riparo e loro mi avrebbero fatto compagnia. Desiderai chi il mio legno non fosse troppo duro e augurai loro una dolce notte”. E il giorno dopo sono ripartiti?”, chiede Martina curiosa. “Per sapere cosa successe, bisogno aspettare domani, bisogna aspettare la mezzanotte… non è quello che stiamo aspettando da quando ho iniziato a bruciare?”, rispose il ceppo prendendosi una pausa nel suo racconto.
Santo Natale
L'Albero del Natale
È mezzanotte”, grida a un certo punto Nicola, indicando con la mano l’orologio appeso alla parete.”Se è mezzanotte”, riprese calmo il ceppo di Natale, “allora posso riprendere il racconto di quella notte buia e fredda. Dovete sapere che proprio quella notte nacque il bambino di Maria e Giuseppe tra le mie radici. Allargai il più possibile il mio tronco e il bambino, di nome Gesù, ebbe la prima culla dove dormire. Sentii una musica dolcissima: erano giunti gli angeli dal cielo a cantare le lodi all’Altissimo, perché quel bambino era speciale, era un bambino unico, un bambino re, un bambino profeta, un bambino sacerdote…
È stata la notte più bella che io abbia mai vissuto, è stata questa la notte nella quale ho ricevuto la promessa dell’angelo. Mentre il bambino dormiva attorniato dai suoi genitori e da dei pastori che erano accorsi dalla campagna, l’angelo più bello e lucente si avvicinò a me e mi disse: “Cedro del Libano, questa notte tu hai accolto l’autore della vita. Tu, creatura, hai fatto posto al tuo Creatore facendoti un poco più piccolo. Tutto il cielo e tutta la terra ti sono riconoscenti. La tua premura e la tua generosità sono parte della creazione: l’hai resa più bella e più buona.
Che tu possa cantare sempre, senza fine, la lode della creazione: che il tuo canto possa attraversare mari e monti e giungere al cuore di chi è capace di ascoltare la tua voce. La tua vita sarà lunga e il tuo ultimo canto sarà in una notte in cui si ricorderà ciò che tu hai visto oggi”. Dopodiché l’angelo sfiorò con una mano il tronco e comparve nel mio legno il segno di una piccola croce. Era il sigillo della sua promessa, il sigillo che ho custodito fino a oggi, perché questa notte la promessa dell’angelo si è compiuta. Ormai mi sto consumando in soffice cenere, il mio canto sta per finire… Ho anch’io un dono per voi questa notte: tenete un pezzetto del mio legno e accendetelo tutte le sere fino all’Epifania, potrete cantare il mio canto mentre pregate. Ora devo salutarvi per sempre: grazie per aver ascoltato la mia storia”.
Così termina il canto del ceppo di Natale. Mentre pronuncia le ultime parole una favilla si stacca dal suo legno e sale leggera verso l’alto: sembra che una piccola stella cadente sia apparsa per ricordare che è ormai la mattina di Natale: Gesù è nato tra noi! Martina e Domenico si sono appena addormentati felici.