Nuove testimonianze da Capinota (Bolivia)
Don Massimo Fratus ha concluso il suo servizio missionario ed è rientrato in Italia. Presso Capinota, proseguirà l’attività missionaria il nuovo parroco Don Giuseppe Pulecchi. Ecco la testimonianza che Don Massimo Fratus ha deciso di condividere con noi:
“Hasta luego Capinota”
L’appuntamento era stato fissato per il 10 Aprile alle ore 16,00.
La Chiesa è vuota, spoglia, pochi fiori, alcuni paramenti viola, come indica la liturgia per il tempo di Quaresima, per poter preparare la comunità cristiana al mistero della Passione di Cristo e vivere poi la gioia della sua resurrezione.
In poco tempo si riempie, è zeppa. I chierichetti sono al completo, come nelle grandi occasioni, è arrivato anche il gruppo musicale “los Mariachis” pronto per animare con i suoi canti i vari momenti della Messa.
C’è un silenzio strano, quasi scomodo. Inizia l’Eucaristia, l’azione di grazie… un grazie a Dio per il grande regalo di 11 anni in missione, un grazie alla mia gente che mi ha accolto e insieme abbiamo cercato di camminare nell’amore.
Dall’altare si possono vedere tutti i volti, ognuno porta la propria storia… li guardo e non posso parlare, le parole non vogliono uscire al momento dell’omelia … ma a loro, alla mia gente, non importa, solo vogliono trascorrere un ultimo momento insieme in quella Chiesa dove tutte le domeniche ci ritrovavamo, dove i nati hanno ricevuto il battesimo e i defunti il loro ultimo saluto, dove si è goduto il perdono di Dio e ci siamo seduti alla sua mensa cercando di “fare comunità”… E poi il momento della pace, dove gli abbracci di tutti diventavano la promessa di rimanere uniti anche se fisicamente saremo lontani … e poi i regali … e poi i balli … e poi …
Sono solo alcune immagini che mi porto dentro dell’ultimo momento del mio ministero in terra di Bolivia, visto che adesso devo “scrivere”una pagina nuova in Italia.
Ci siamo salutati nell’ Eucaristia.
Non è stato sicuramente casuale.
È l’Eucaristia vissuta in comunità che da senso al lavoro quotidiano di un missionario.
È lì che si vive Gesù Cristo che fa nuovo l’uomo, lo fa capace di dar senso alla sua debolezza e aperto nella speranza all’amore.
Undici anni in Capinota, come è andata?
Mi risulta molto difficile rispondere a questa domanda.
Se prendiamo come criterio la possibilità di aver cambiato qualcosa socialmente, la risposta è: un mezzo fallimento.
Semplicemente si è vissuto con i boliviani condividendo le loro grandi povertà e cercando di abbozzare alcune vie possibili che ci permettessero di ritrovare insieme e valorizzare la dignità della persona.
Alle grandi emergenze, solo piccole risposte.
Visto il grave fenomeno dell’emigrazione a causa di una forte mancanza di lavoro, la comunità parrocchiale ha voluto essere vicina ai più piccoli offrendo un doposcuola, che anno dopo anno ha trovato la sua identità proprio nel dare uno spazio di vicinanza e amore a quei bambini che nelle loro case non potevano averne.
Grazie alla grande collaborazione delle suore Sacramentine di Bergamo si è potuto aprire un asilo nido (novità assoluta in Capinota).
Il compito e la finalità di questo centro, oltre che educare e stimolare i bambini era quello di accompagnare i genitori, facendogli gustare la bellezza e la responsabilità di essere tali.
Quante attività si sono create!
Ogni mese, ogni giorno, con molti collaboratori, si inventavano attività per sensibilizzare alla solidarietà, al perdono, alla bellezza del vivere insieme.
E ogni giorno si doveva rifare sempre tutto di nuovo, perché il loro modo di vedere la vita (quello che chiamiamo cultura) non si adattava a quello che gli offrivamo.
E allora nasce la pazienza, il mettere in questione le certezze cresciute nell’Occidente, il coraggio di vedere e sperimentare la vita da un altro punto di vista.
Com’e andata?
Il criterio per rispondere allora è un altro: la Provvidenza.
In questo modo ci si mette su un altro piano, quello del servo inutile del vangelo: “Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato,dite: siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare” (Lc 17-10).
Ci si mette nelle mani di Dio che è capace di far fiorire il deserto dei nostri fallimenti, che ci da la forza per rialzarci dalle cadute e ci lascia sempre acceso uno spiraglio di luce anche quando tutto sembra oscurità.
Quanta provvidenza in quella Capinota!
Il cammino che l’uomo percorre verso Dio è tracciato proprio da Dio.
In questo cammino si incontrano veramente persone che credono, disposte a sacrificarsi, che ogni giorno condividono le gioie e le sofferenze. Sto pensando in questo momento alle due congregazioni di suore con le quali ho lavorato, agli amici preti e volontari bergamaschi.
Persone tutte appassionate per il Regno di Dio.
La provvidenza è anche la mano misteriosa e nascosta di chi aiuta da lontano economicamente.
Sarebbe bello, ma lungo, scrivere la provvidenza che ha dato in questi anni il Centro Missionario, l’ Associazione WebSolidale Onlus, i vari gruppi missionari, e molte persone che si fidavano di un’opera che si realizzava molto lontano.
A loro solo posso dire, a nome della comunità di Capinota un grazie sincero.
Davanti a questa Provvidenza ci si sente davvero servi inutili, messi in un piano d’amore che ci supera.
Adesso, segno di questo piano d’amore è Padre Giuseppe, il nuovo parroco. Un sacerdote Bergamasco. A lui i miei più sentiti auguri.
Chiudo come si è abituati a fare in Bolivia, ossia ringraziando innanzitutto Dio che mostra la sua grandezza nella piccolezza degli uomini, il mio vescovo che mi ha regalato una esperienza così bella, e tutti coloro che han collaborato perché il Regno di Dio si possa continuamente realizzare in tutti gli angoli della terra.
Gracias Bolivia y hasta luego Capinota.
Padre Massimo Fratus