Le testimonianze di Paolo e Chiara, giovani in formazione missionaria a Capinota (Bolivia
Nel contesto di “Giovani e Missioni 2011”, Paolo e Chiara hanno iniziato la loro formazione missionaria a Capinota (Bolivia).
Entrambi mossi da diverse motivazioni:
Chiara: Partire per conoscere… Conoscere il mondo della Missione, conoscere una cultura diversa, conoscere l’altro e forse conoscere un po’ anche di più me stessa.
Paolo: Per conoscere ciò che i media ci nascondono e per scoprire un mondo diverso.
A poche ore dal rientro dall’esperienza in missione ci sentiamo già di dire che le premesse fatte durante gli incontri di preparazione al viaggio sono state soddisfatte.
La prima, forse più importante, riguardava il concetto di utilità.
A Capinota non abbiamo salvato vite, né abbiamo cambiato il corso degli eventi; ci siamo presi cura di qualcuno, è vero, ma la cosa più importante è che siamo riusciti a condividere dei momenti di gioia.
E cosa c’è di più bello di vedere felice un bimbo che magari non ha più una mamma e ha saltato sia il pranzo che la cena? Te ne rendi conto quando torni in Italia e vedi che qui di bambini così non ce ne sono: meglio, perchè significa che qui sono più fortunati, ma anche la felicità si paga ad un prezzo molto più caro, spesso esagerato.
A Capinota ci sono più bambini che adulti, e se anche ciò racchiude un profondo problema sociale, lascia la speranza che una società più giovane possa essere più energica e possa cancellare alcuni degli aspetti negativi di cui soffre. Qual è quindi l’utilità di una missione e specialmente del lavoro di Don Giuseppe?
Semplicemente il fatto di insegnare dei valori in cui credere a questi bambini, valori Cristiani, che i genitori, per chi li ha, non hanno la capacità, né il tempo di trasmettere.
Ci sono piaciute le numerose volte in cui Don Giuseppe è stato chiamato padre, perchè di fatto per molti è un papà, come lo è stato per noi in queste tre settimane.
Altra premessa riguardava la necessità di scendere dal treno delle proprie vite per un po’.
Devo dire che l’abbiamo fatto con gusto, da un lato perchè ci ha permesso di vivere l’esperienza come una vacanza, dall’altro perchè ci ha fatto lasciare a casa la razionalità con cui giudichiamo gli eventi quotidiani della realtà italiana.
Alcune volte ci siamo lasciati trasportare dagli eventi e abbiamo vissuto in maniera spontanea con la gente, altre volte invece abbiamo incontrato realtà troppo crude davanti alle quali ci siamo fermati a riflettere.
In ogni caso ci è piaciuto così tanto prenderci una pausa di tre settimane che un domani potremmo decidere di allungarla per un tempo ben più lungo.
In Missione non si perdono anni, li si guadagna!
A Capinota abbiamo incontrato i poverini e i poveretti? No, tutte le persone che abbiamo conosciuto vivono normalmente nel contesto in cui si trovano, e sopravvivono anche senza di noi: come già detto abbiamo solo regalato un sorriso in più, cosa che hanno ricambiato senza troppe difficoltà.
Le due cose che ci hanno colpito di più, positivamente e negativamente: in positivo la gioia e la spontaneità dei più piccoli, ancora esenti da logiche di guadagno; in negativo il peso della diffusione delle false spie di benessere come cellulari, automobili e televisione che iniziano a distrarre dai veri valori della vita.
Ci ha anche rattristato il sentirci chiamare “Gringo” qualche volta, che denota il rancore tuttora presente, legato alla storia coloniale della Bolivia.
Per non farla troppo lunga vorremmo concludere ringraziando Giuseppe, Libera, Elsa e Luz: sono i quattro missionari il cui cuore ha trovato un po’ di spazio anche per noi.
Vorremmo anche ringraziare tutte le persone, i cui volti hanno arricchito e reso unica la nostra esperienza, Melany, Juan, Fernando, Maria Luz, Claudia, Marta, Daniela, Milena, Michele, Marco, Giovanni, Valeria e tanti altri.
Paolo & Chiara