Testimonianza di Sara dopo il viaggio a Munaypata e La Paz (Bolivia)
Non è facile raccontare la mia breve esperienza in missione, ci sono sicuramente dettagli che ancora non ho rielaborato e dettagli che non riesco ancora a condividere, ma ci provo. Fin da quando ero bambina, la Bolivia mi ha sempre attirata. Non so dire il motivo, ma so che a un certo punto mi sono ripromessa che, da grande, ci sarei andata. La curiosità e l’attrazione erano alimentate anche dal fatto che la mia famiglia, tramite WebSolidale, ha contribuito a molti progetti proprio in questa meravigliosa terra e quindi, tra i miei desideri, era vivo quello di vedere e toccare con mano quel che abbiamo fatto e che ho sempre visto solo tramite fotografie. E quel momento è finalmente arrivato: dal 1.08 al 21.08 sono stata nella parrocchia Munaypata “Apostol Santiago”, la prima missione fondata dai preti bergamaschi. La parrocchia conta quasi 60.000 abitanti ed è uno dei quartieri più poveri di La Paz; qui vive don Fabio che, prima di venire in Bolivia, è stato il mio curato per molti anni, aiutandomi a crescere nello spirito della missione: e sono stata accolta come se fossi parte di una grande famiglia anche dalle bellissime persone che vivono con lui, Alessandro, Paola e don Giovanni.
Nel breve tempo che ho vissuto a Munaypata ho avuto la possibilità di vedere da vicino delle realtà totalmente diverse dalla mia, a partire dalla stessa parrocchia, dove passano tantissime persone, tra bambini, adulti e anziani; è stato bello vedere i loro sorrisi, ascoltare i loro racconti e rispondere alle loro domande. Accanto sorge la scuola parrocchiale “Marien Garten”, che accoglie circa 2000 studenti. Quasi ogni giorno andavo al Comedor, una mensa che quotidianamente dà un pasto caldo a circa 200 bambini della città che, mentre i genitori lavorano, sono abbandonati a se stessi. Ed è qui che si è fatta strada in me una domanda che mi era stata posta durante il corso di formazione: “oseresti mai mettere in discussione chi sei veramente?”. Stare lì e aiutarli mi ha permesso di conoscerli e di entrare in confidenza con alcuni bambini che, fidandosi di me, mi hanno bombardata con i loro racconti, alcuni felici, altri molto molto tristi, che mi hanno lasciato un senso di inquietudine e di turbamento e che mi hanno portata davvero a mettermi in discussione; ho visto bambini felici con niente, bambini più grandi che si prendono cura dei più piccoli, sorrisi e abbracci vivi, veri che qui, nella nostra realtà, molto spesso mancano.
Alla mensa ho aiutato principalmente i più piccolini che avevano bisogno di un aiuto per mangiare e mi sono affezionata subito a loro, Camila, Ariana, Valeria, Benjamin e moltissimi altri che mi rimarranno sempre nel cuore.Un’altra realtà è il Centro Mario Parma che si occupa di diagnosi precoce e riabilitazione di bambini con ritardo mentale, problemi nello sviluppo motorio, del linguaggio cognitivo-comportamentale e sordità congenita; qui ho potuto assistere ad alcune attività di musicoterapia e psicomotricità. Con monsignor Basilio sono poi andata a visitare l’asilo infantile Wawanakan Utapa, fondato nel 2004 nella comunità di Huajchilla Rio Abajo di La Paz, dove WebSolidale appoggia la mensa che ospita circa 60 bambini. Le risorse economiche delle famiglie che abitano in questa comunità sono ridotte ed è proprio per questo che si cerca di offrire almeno un pasto al giorno nella mensa scolastica, in modo da sostenere e migliorare l’alimentazione dei bambini e degli studenti, tra i quali esistono anche casi di denutrizione.
Monsignor Basilio mi ha portata poi al Comedor S. Calixto di La Paz che offre assistenza a circa 150 persone realmente bisognose, specialmente anziani, che vivono in una situazione precaria; molte di queste persone si nutrono gratuitamente, poiché vivono in un contesto di povertà significativa, mentre chi se lo può permettere offre un contributo simbolico.Un’altra realtà che ho vissuto è, infine, quella di El Alto, dove opera Ilaria, una ragazza del mio paese che vive lì da 2 anni. La città di El Alto è caratterizzata da una forte disgregazione sociale e familiare, droga e alcolismo colpiscono tutte le fasce di età, tant’è che la problematica dei bambini e ragazzi di strada è certamente la piaga più grande di questo contesto. Ne pagano le conseguenze i più piccoli, abbandonati per strada o soli in casa. Ilaria si occupa del progetto Apthapi, che offre una particolare attenzione soprattutto a bambini e giovani, per fornirgli un’alternativa alla strada e sensibilizzarli alla prevenzione delle forme di violenza che, purtroppo, trovano terreno fertile proprio nella povertà; il progetto prevede inoltre un programma di formazione, alfabetizzazione e sensibilizzazione sui temi di salute, igiene e sicurezza per i genitori e le famiglie dei bambini coinvolti nello stesso. E proprio qui in El Alto ho potuto toccare con mano questa realtà, partecipando ad attività di doposcuola e giochi.
La breve esperienza di missione che ho avuto la fortuna di vivere mi ha lasciato molto. Sono stati 20 giorni intensi, pieni, ricchi di persone, profumi, incontri, scambi di parole, abbracci, pensieri; sono stati giorni di sorrisi, gioie, canti, ma anche di cose difficili, perché è pur sempre un mondo completamente diverso dal nostro e certamente alcune situazioni toccano le corde più profonde dell’anima lasciandoti anche un senso di inquietudine. Le persone che ho avuto la fortuna di incontrare si sono dimostrate subito pronte ad accogliermi, felici di poter condividere qualcosa con me. Quando si parte per esperienze di questo tipo il pericolo è sempre quello di stare “tra” e non “con”: la sfida sta nel lasciarsi toccare dalle persone, andare in profondità, osservare, cogliere, capire, abbandonando la logica di pregiudizi che oggi sembra essere la guida delle nostre azioni.
L’accoglienza di una persona diversa non è cosa da poco, e questo loro modo di essere così aperti mi ha stupita. Sono partita portando tutto quello che avevo, e sono tornata più ricca di prima: ho scoperto l’essenzialità, l’esserci, il condividere la gioia, la speranza, lo stare con. Ho capito che non conta cosa devi fare, ma quanto di bello puoi fare per gli altri, quanto puoi donare. La missione è qualcosa di Dio, forse sono proprio queste esperienze che ti fanno riscoprire la fede e la bellezza del condividere la gioia di essere cristiani. C’è tanta povertà nel mondo, non solo materiale, ma anche spirituale: sono andata a cercarla a 10’000 km da casa per poi tornare e accorgermi che qui di poveri ce ne sono tanti. Si parte per conoscersi, per capire chi sei, per poi portare te stesso nel tuo mondo.
Sara
Sono veramente grata a tutte le persone che in un modo o nell’altro hanno condiviso il loro tempo con me, a chi mi ha accolto con amore come se fossimo una famiglia, a chi mi ha aiutata a capire che strada prendere e a chi ha saputo regalarmi la gioia. Grazie.
“Allora imparo a guardare quest’altra persona non più soltanto con i miei occhi e con i miei sentimenti, ma secondo la prospettiva di Gesù Cristo. Il suo amico è mio amico. Al di là dell’apparenza esteriore dell’altro scorgo la sua interiore attesa di un gesto d’amore, di attenzione […] lo vedo con gli occhi di Cristo e posso dare all’altro ben più che le cose esternamente necessarie: posso donargli lo sguardo d’amore di cui egli ha bisogno” (Benedetto XVI, “Deus Caritas est”).
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